Può non sembrare vero per noi occidentali ma affiancare riproduzioni in plastica delle pietanze ai classici menù è una consuetudine nei ristoranti giapponesi.
I ristoranti giapponesi spesso espongono nelle loro vetrine pietanze da far venire l’acquolina in bocca: pesce,sushi, spaghetti, hamburger, zuppe e gelati ecc… Ma c’è un piccolo particolare, non sono commestibili perché sono fatti di plastica. Queste riproduzioni di cibo sono sorprendentemente realistiche e i ristoranti le espongono in modo che i potenziali clienti possano vedere a colpo d’occhio cosa prevede il menù dello chef prima di entrare nel locale.
Questa pratica non è una novità ed anche una necessità soprattutto per andare incontro ai turisti. Infatti bisogna sapere che non tutti i ristoranti in Giappone stampano i menù in lingue diverse da quella locale e questo risulta un problema non da poco per gli stranieri. E’ anche un modo conveniente per ordinare. Piuttosto che cercare di capire la corretta traduzione giapponese, i clienti possono semplicemente indicare la pietanza esposta.
Queste riproduzioni alimentari, chiamate “sampuru” , apparvero in Giappone quasi un centinaio di anni fa, nel 1917. All’inizio erano usate solo come decorazioni per abbellire la casa, proprio come le piante artificiali dell’epoca. Fu solo pochi anni dopo, quando un ristorante di Tokyo decise di usarle per attirare i clienti, che l’idea iniziò a decollare. Il “cibo falso” in mostra significava più affari, e questo è vero ancora oggi.
Come puoi vedere dalle immagini, queste repliche sono davvero molto realistiche ma sono anche molto costose! Un singolo ristorante può spendere fino a un milione di yen (8.500 dollari) per menù con queste repliche di plastica.
In Giappone ci sono circa una dozzina di fabbriche di “cibo finto” che servono principalmente ristoranti ma anche collezionisti e semplici privati. Uno dei primi pionieri dell’industria delle repliche alimentari, fu l’uomo d’affari Ryuzo Iwasaki. Iwasaki iniziò a vendere le sue creazioni ad Osaka nel 1932. Dopo aver raggiunto il successo nella grande città, tornò nella sua città natale nella prefettura di Gifu . Qui costruì quello che alla fine sarebbe divenuto il più grande complesso produttivo di cibo artificiale. Ai giorni d’oggi Iwasaki controlla l’ 80% della produzione in tutto il Giappone.
Fare cibo di plastica è un’arte i cui segreti sono custoditi con tenacia dai produttori e dagli artigiani. Per la realizzazione di queste finte pietanze, si parte dal cibo reale che viene portato dal committente (ristorante o privato che sia). Questo sarà il modello di partenza che sarà fotografato e riprodotto su carta con degli schizzi. Il secondo passo consiste nell’utilizzare uno stampo dentro il quale verrà versato del cloruro di vinile liquido che diventerà solido. Una volta indurito, lo stampo viene aperto e si preleva il modello solidificato. A questo punto intervengono degli artigiani di talento. Gli artigiani, dipingono con colori a olio il modello riproducendo ogni minimo dettaglio del cibo reale. Queste repliche ricalcano perfettamente ogni particolare del cibo reale senza trascurare nulla: dalla doratura sul bacon e uova, ai segni della griglia sul pollo, o alla differenza tra bistecche al sangue o ben cotte. Essendo una produzione artigianale si può dire che non ne esista una uguale all’altra.